martes, 19 de agosto de 2008

Henri de Toulouse-Lautrec (Pittore)

Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901) è stato un pittore francese, tra le figure più significative dell'arte del tardo Ottocento.
Biografia
Giovinezza
Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec Monfa fu il primogenito del conte Alphonse e della contessa Adèle de Toulouse-Lautrec. L'aristocratica famiglia dei Toulouse-Lautrec risentiva ancora dell'effetto dei matrimoni tra consangunei contratti nelle precedenti generazioni, gli stessi conti erano cugini, ed Henri soffrì per questo di diverse malattie genetiche. Un altro fratello nacque nel 1867, ma morì l'anno seguente.
A 13 e a 14 anni, Henri si fratturò entrambi i femori. La frattura non guarì mai e le sue gambe smisero di crescere, così che da adulto rimase alto solo 1,52 m, avendo sviluppato un busto normale ma mantenendo le gambe di un bambino (0,70 m). D'altro canto i suoi genitali erano ipertrofici, come provano alcune foto.
Fisicamente inadatto a partecipare alla maggior parte delle attività solitamente intraprese dagli uomini della sua età, Toulouse-Lautrec si immerse completamente nella sua arte. Divenne un importante artista post-impressionista, illustratore e litografo e registrò nelle sue opere molti dettagli dello stile di vita bohèmien della Parigi di fine '800. Toulouse-Lautrec contribuì anche con un certo numero di illustrazioni per la rivista Le Rire, durante la metà degli anni '90.
Parigi
Fu definito "l'anima di Montmartre", il quartiere parigino dove abitava. Rappresentò spesso la vita al Moulin Rouge e in altri locali e teatri di Montmartre e di Parigi, e, in particolare, nei bordelli che frequentava costantemente (a quanto sembra, contrasse la sifilide da Rosa la Rouge, che viveva in un bordello). Visse tra le prostitute per lunghi periodi, sentendosi un emarginato come loro, e divenne il loro confidente e il testimone della loro vita più intima.Alcolista per la maggior parte della sua vita, finì in un manicomio poco prima della sua morte. Morì per complicazioni dovute all'alcolismo e alla sifilide nella tenuta familiare Malromé, nei pressi di Saint-André-du-Bois, pochi mesi prima del suo trentasettesimo compleanno. È sepolto a Verdelais, nella Gironda, a pochi chilometri dal suo luogo di nascita.
I manifesti pubblicitari
Lautrec è famoso anche per aver disegnato molti manifesti pubblicitari di locali parigini, che nel tempo hanno reso celebre la loro immagine. Tra i locali ricordiamo: Divan Japonais, Moulin Rouge: Bal Tous les soirs, Aristide Bruant all'Ambassadeurs oppure per riviste come: La revue blanche, L'estampe originale.
Film
Su Toulouse-Lautrec è stato girato il film del regista Roger Planchon, Lautrec (1998).
Opere
Al circo Fernando (1888)
Ballo al Moulin Rouge (1889-1890)
Aristide Bruant all'Ambassadeurs (1892)
Al Moulin Rouge (1892-1895)
Al Salon di rue des Moulins (1894-1895)
Salottino privato (1899)
La toilette (1896)
Musei
Elenco dei musei che espongono opere dell'artista:
Art Institute di Chicago
Collezione Bührle di Zurigo
Guggenheim Museum di New York
Musée d'Orsay di Parigi
Musée Toulouse-Lautrec di Albi
Museum of Art di Baltimora
Ny Carlsberg Glyptotek
Wadsworth Atheneum di Hartford .
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Che cosa sto leggendo adesso? Giulio Cesare (Shakespeare)

Il Giulio Cesare è una tragedia di William Shakespeare scritta probabilmente nel 1599.
La tragedia, basata su eventi storici, parla della cospirazione e dell'assassinio del dittatore della Repubblica Romana Giulio Cesare.
L'opera è la prima delle cinque grandi tragedie di Shakespeare (le altre sono l'Amleto, l' Otello, il Re Lear e il Macbeth).
Giulio Cesare
Sono sorte numerose discussioni circa il protagonista della commedia. Alcuni ritengono sia Cesare, causa di tutta l'azione e centro di ogni discussione. altri invece ritengono sia Bruto, e il dramma è costituito dal suo conflitto psicologico tra l'onore, il patriottismo e l'amicizia.
La scena dell'assassinio di Giulio Cesare è forse la parte più conosciuta della tragedia, insieme al discorso di Marco Antonio.
Dopo aver ignorato l'avvertimento dell'indovino e le premonizioni della moglie, Cesare viene assassinato durante una riunione del Senato. Il primo a colpirlo è Casca, l'ultimo è Bruto. Alle famose parole di Cesare "Tu quoque, Brute, fili mi!" Shakespeare aggiunge "Allora cadi, o Cesare!", suggerendo così che Cesare si rifiuta di sopravvivere ad un tale tradimento da parte di una persona in cui egli aveva riposto la sua fiducia.
Contesto elisabettiano
La maggior parte dei critici ritiene che l'opera rifletta il clima di ansietà dell'epoca, dovuto al fatto che la regina Elisabetta I si era rifiutata di nominare un successore, il che avrebbe potuto portare, dopo la sua morte, ad una guerra civile simile a quella scoppiata a Roma.
Trama
L'inizio del racconto si svolge prima a Roma e in secondo luogo in Grecia (Filippi). Bruto, i cui antenati sono celebri per aver cacciato da Roma Tarquinio il Superbo (il fatto è descritto ne Il ratto di Lucrezia), è il figlio di Cesare. Bruto si lascia convincere ad entrare in una cospirazione, ordita da alcuni senatori romani tra cui Cassio, per impedire che Cesare trasformi la Repubblica romana in una monarchia. Dapprima Bruto si oppone a Cassio, ma poi, visto che la congiura acquista un crescente favore popolare, Bruto cambia idea e si unisce ai congiurati.Cesare nel frattempo in un suo viaggio in Egitto si innamora follemente di Cleopatra e si uniscono in amore dando alla luce un figlio: Cesarione. Ritornato a Roma un indovino dice a Cesare di guardarsi dalle Idi di marzo, ma egli ignora l'avvertimento, e viene assassinato proprio quello stesso giorno. Dopo la morte di Cesare, comunque, un altro personaggio compare sullo sfondo come amico di Cesare: si tratta di Marco Antonio che, tramite il celeberrimo discorso Amici, Romani, cittadini, prestatemi orecchio, muove l'opinione pubblica contro gli assassini di Cesare. Dopo la morte di Cesare, Bruto attacca Cassio accusandolo di regicidio in cambio di denaro; i due in seguito si riconciliano, ma mentre entrambi si preparano alla guerra contro Marco Antonio e Ottaviano, lo spettro di Cesare appare a Bruto, annunciandogli la sua prossima sconfitta ("Ci rivedremo a Filippi" - atto IV, scena III).Durante la battaglia le cose si mettono male per i cospiratori e sia Bruto che Cassio decidono di suicidarsi piuttosto che essere fatti prigionieri. La tragedia termina con un accenno alla futura frattura dei rapporti tra Marco Antonio e Ottaviano, che sarà sviluppata nella tragedia Antonio e Cleopatra. nell'ultima parte si accenna alla ascesa al potere di Ottaviano e la sconfitta di Marco Antonio ad Azio nel 31a.C. Dopo essere stato sconfitto Marco Antonio bestemmierà contro Dio.
Testo
La tragedia venne pubblicata per la prima volta nell'In folio del 1623.
Fonti
le fonti dell'opera possono essere fatte risalire alla traduzione di Thomas North della Vita di Cesare e della Vita di Bruto, contenute nelle "Vite parallele" di Plutarco.
Film
Giulio Cesare 1950, con Harold Tasker nel ruolo di Giulio Cesare
Giulio Cesare 1953, con Marlon Brando nel ruolo di Antonio
Giulio Cesare 1970, con Charlton Heston nel ruolo di Antonio
Blackadder the Third, 1985
Importanti riproduzioni teatrali
1599: Un viaggiatore svizzero, Thomas Platter, ha scritto di aver visto a Londra un'opera teatrale riguardante Giulio Cesare il 21 settembre 1599 - questa era probabilmente l'originale riproduzione dell'opera di Shakespeare. Lui inoltre afferma che gli attori ballavano una giga alla fine della recita , una consuetudine del teatro elisabettiano.
1926: La rappresentazione di gran lunga più elaborata fu inscenata durante uno spettacolo di beneficenza per l'Actors' Fund of America all' Hollywood Bowl. Cesare entrava in scena in una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi. Il palcoscenico aveva la dimensione di un isolato ed era dominato da una torre centrale alta 24 metri. L'evento era pensato principalmente per creare lavoro per attori disoccupati: 300 gladiatori apparivano in una scena di arena non presente nell'opera di Shakespeare; un simile numero di ragazze danzava come prigioniere di Cesare; un totale di tremila soldati prese parte alle scene di battaglia.
1937: La famosa produzione di Orson Welles al Mercury Theatre scatenò infervorati commenti poiché il direttore vestì i suoi protagonisti con uniformi simili a quelle comuni in quel tempo nell'Italia fascista e nella Germania nazista oltre a tracciare una specifica analogia tra Cesare e Mussolini. Le opinioni sono molto varie riguardo al valore artistico della produzione risultante: alcuni vedono nel taglio senza pietà fatto da Welles alla trama (la durata totale era di circa 90 minuti senza intervallo, molti personaggi furono eliminati, dialoghi furono spostati o presi da altre opere, e gli ultimi due atti ridotti ad una singola scena) come un modo radicale e innovativo di tagliare gli elementi superflui del racconto di Shakespeare; altri pensarono che la versione di Welles fosse una versione rimaneggiata e lobotomizzata della tragedia di Shakespeare che mancava della profondità psicologica dell'originale. Molti furono d'accordo sul fatto che la produzione apparteneva più a Welles che a Shakespeare. Tuttavia l'innovazione di Welles ha avuto eco in molte successive produzioni moderne, che hanno visto parallelismi tra la caduta di Cesare e la caduta di vari governi del ventesimo secolo.
Parodie
Parodie Il duo Canadese Wayne and Shuster parodiò Giulio Cesare nel loro sketch del 1958 sciacqua il sangue dalla mia toga. Flavio Massimo è ingaggiato da Bruto per investigare sulla morte di Giulio Cesare. Le procedure di polizia combinano Shakespeare, Dragnet, e gli scherzi di vaudeville e fu trasmesso per la prima volta all'Ed Sullivan Show.
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lunes, 18 de agosto de 2008

Bernardo Bertolucci/Cinema-Regista

Oggi comincia il Festival di Cinema di Bernardo Bertolucci nell Celarg, per questo poi vedere qui la storia e vittá degli piú importante regista dell´Italia. Bernardo Bertolucci (Parma, 16 marzo 1941) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. Primogenito del poeta Attilio Bertolucci (San Lazzaro, Parma, 18 novembre 1911 - Roma, 14 giugno 2000), cugino del produttore cinematografico Giovanni (Parma, 24 giugno 1940) e fratello dell'autore teatrale e regista cinematografico Giuseppe (Parma, 27 febbraio 1947). Inizialmente sembra seguire la strada paterna, interessandosi di poesia e iscrivendosi alla Facoltà di Letteratura Moderna dell'Università La Sapienza di Roma, ma ben presto abbandona gli studi per il cinema facendo da assistente a Pier Paolo Pasolini, suo vicino di casa, ai primi passi come sceneggiatore nel mondo della settima arte. Con una camera a passo ridotto Bertolucci gira due cortometraggi amatoriali nel biennio 1959-1960, La teleferica e La morte del porco
Proprio grazie a Pasolini e all'interessamento del produttore Cino Del Duca, Bertolucci lavora come assistente nel primo film diretto dal letterato friulano, Accattone (1961). Su quel set incontra l'attrice Adriana Asti, che sarà poi sua compagna per diversi anni. L'anno seguente, con Tonino Cervi come produttore, realizza il suo primo lungometraggio, La commare secca, su soggetto e sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini, che inizialmente avrebbe dovuto esserne anche il regista.
Una personale poetica
Si stacca ben presto dal mondo e dalla poetica pasoliniani per inseguire un'idea personale di cinema basata sostanzialmente sull'individualità di persone che si trovano di fronte a bruschi cambiamenti del loro mondo e di quello circostante, a livello esistenziale e politico, senza che essi possano o vogliano cercare una risposta concisa.
Prima della rivoluzione
Tale tematica sarà presente praticamente in tutte le opere di Bertolucci, a partire dal secondo film, Prima della rivoluzione (1964), dove è esemplificata molto chiaramente nella storia di un giovane della borghesia agricola medio-alta di Parma, (Francesco Barilli) il quale, incapace di reagire al suicidio del suo amico più caro e incerto su una direzione da prendere, si getta a capofitto in una relazione con una matura e piacente zia (Adriana Asti) giunta da Milano. Entrambi, però, si rendono conto che quella storia non può durare - lei è anche in cura da uno psicologo - e alla partenza della donna, al giovane non resta che impalmare la promessa sposa imposta dalla famiglia.
Anche nei film che seguono, Bertolucci continua il suo personale discorso intorno all'ambiguità esistenziale e politica, soprattutto in Partner (1968), interpretato da Pierre Clementi, ne Il conformista (1970) con Jean-Louis Trintignant e con Strategia del ragno; opere presentate in diversi festival ma dallo scarso successo di pubblico.
Nel 1971 fu tra i firmatari del documento pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi.
Lo scandalo di Ultimo tango a Parigi
La grande notorietà per Bertolucci arriva nel 1972, con un film "scandaloso" che ha di fatto segnato un epoca: Ultimo tango a Parigi, con Marlon Brando e Maria Schneider, Jean-Pierre Leaud e Massimo Girotti, dove il sesso è visto come unica risposta possibile, ma non definitiva, al conformismo del mondo circostante; i protagonisti di questo film, come quelli che seguiranno, sono esseri alla deriva, quasi sbandati, la cui unica via d'uscita è la trasgressione.
Il film, dopo la sua prima proiezione a New York, subì notevoli traversie censorie in Italia (che comunque non impedirono al film di piazzarsi secondo nella classifica cinematografica 1972-1973); ben presto sequestrata, la pellicola venne ritirata dalla Cassazione il 29 gennaio 1976, e il regista fu condannato per offesa al comune senso del pudore, colpa per la quale venne privato dei diritti civili per cinque anni, fra cui il diritto di voto. Dopo svariati processi d'appello, la pellicola venne dissequestrata nel 1987. Le rimaste dopo il macero vennero depositate alla Cineteca Nazionale di Roma e quelle integrali, conservate in cineteche estere, sono servite come base per editare il film in DVD.
Notorietà a livello mondiale
Bertolucci incrementa la sua notorietà con le opere successive, da Novecento (1976), epico affresco delle lotte contadine emiliane dai primi anni del secolo alla Seconda guerra mondiale che si avvale di un prestigioso cast internazionale (da Robert De Niro a Gerard Depardieu, Donald Sutherland, Sterling Hayden, Burt Lancaster, Dominique Sanda) a La luna, ambientato a New York, in cui affronta lo scabroso tema dell'incesto, fino a La tragedia di un uomo ridicolo (1981), con Ugo Tognazzi.
Arrivano gli Oscar con L'ultimo imperatore
Negli anni Ottanta Bertolucci gira soprattutto all'estero kolossal di straordinaria potenza visiva. Nel 1987 dirige in Cina L'ultimo imperatore, un grande successo internazionale che si aggiudica ben nove premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film e la migliore regia. Nel 1990 gira in Marocco il film Il tè nel deserto (1990), tratto da un romanzo di Paul Bowles, mentre nel 1993 è la volta del Piccolo Buddha con Keanu Reeves, ambientato in Nepal e negli Stati Uniti.
Gli ultimi film
In seguito il regista torna a girare in Italia riprendendo le sue predilette tematiche intimiste con risultati alterni di critica e pubblico, a partire da Io ballo da sola (1996), per proseguire con L'assedio (1998). Del 2003 è il nostalgico The Dreamers - I sognatori, che ripercorre una vicenda di passioni politiche e rivoluzioni sessuali di una coppia di fratelli, nella Parigi del 1968.
Nel 2007 riceve il Leone d'Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.
Anche sceneggiatore, produttore e attore
Per il cinema Bertolucci ha scritto anche numerose sceneggiature per i film suoi e per quelli diretti da altri, due dei quali da lui prodotti.La sua unica esperienza come attore si è avuta con il film Golem, lo spirito dell'esilio diretto nel 1992 da Amos Gitai. Dopo la separazione con Adriana Asti si unisce con Clare Peploe, sceneggiatrice e regista autrice insieme a Mark Peploe di Professione Reporter, già collaboratrice di Michelangelo Antonioni.
Oscar al miglior regista 1988.
Oscar alla migliore sceneggiatura non originale 1988.
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jueves, 14 de agosto de 2008

Il ritratto di Dorian Gray (Libro)

Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray) è un romanzo di Oscar Wilde.
Uscì originariamente nel luglio del 1890 sul Lippincott's Monthly Magazine, mentre nel 1891 lo stesso autore pubblicò sul The Fortnightly Review una prefazione al romanzo ("A Preface to The Picture of Dorian Gray"), per rispondere ad alcune polemiche sollevate dalla sua opera.
Nell'aprile 1891 Wilde fece stampare in volume il romanzo, unendovi la propria prefazione. Per esigenze puramente commerciali, legate al gusto dell'epoca, l'autore revisionò il proprio romanzo e vi aggiunse molti capitoli (il 3°, il 5°, il 15°, il 16°, il 17° e il 18°) per rendere più "voluminosa" l'opera. Secondo alcuni critici, però, quest'operazione arrecò danno al romanzo originale, facendogli perdere spontaneità e una certa dose di mistero: per questo in alcune edizioni si può trovare ancora la versione originale.
Tramma
Il famosissimo pittore londinese Basil Hallward mostra al suo amico Lord Henry Wotton la sua ultima opera: il ritratto di un giovane nobile. Lord Henry è stupito dalla bellezza del ritratto e soggetto raffigurato, e chiede a Basil di conoscerlo di persona. Il pittore cede ed è costretto a presentargli il bellissimo e giovane Dorian Gray.
Il giovane ed innocente Dorian lega subito con il vissuto Lord Henry, ammaliato dall'oratoria del suo interlocutore. Lord Henry Wotton invita il giovane a non sprecare il dono della bellezza e della gioventù, e di sfruttare tutto questo per iniziare una vita piena di esperienze.
Questi spinge Dorian Gray ad esprimere, in verità per gioco, un desiderio: desidererebbe che i segni della vita e dell'età comparissero non sul suo volto, bensì su quello ritratto da Basil, e in cambio di questo prodigio sarebbe disposto a ceder la propria anima. Ma quello che è nato per scherzo, si avvera.
Mano a mano che il giovane Dorian perde la sua innocenza, che accumula esperienze non sempre gratificanti, il suo ritratto acquista una ruga, od un'espressione maligna. Dorian Gray, quando se ne accorge, ne è spaventato e nasconde il ritratto in soffitta: nessuno dovrà sapere quanto è sporca la sua anima, quell'anima resa visibile dal ritratto.
Dopo molte travagliate vicende, compreso l'assassinio dell'amico pittore Basil, (perché lo riteneva responsabile del "sortilegio") la sua corruzione è massima ma conserva ancora una faccia innocente che gli procura la simpatia della gente.Stanco del suo triste segreto, voglioso di dimenticare e di poter cominciare un nuovo capitolo della propria esistenza, ed essere realmente buono decide di distruggere l'odiata tela. Ma il ritratto è custode della sua anima e il pugnale che la mano di Dorian muove per distruggerlo finirà per colpire egli stesso. Caduto a terra morente, il suo volto riacquisterà le sue naturali fattezze, mentre il dipinto liberato dalla diabolica anima tornerà a risplendere la giovinezza di venti anni prima.
Crittica Letteraria
Il ritratto di Dorian Gray si configura come un eccellente capolavoro della letteratura inglese e come una vera e propria celebrazione del culto della bellezza. Una ‘professione di fede’ che Wilde tende a fare propria e a perseguire nell’arco della sua intera esistenza, sia attraverso la sua produzione artistica che per mezzo della sua condotta decisamente anti-Vittoriana e anti-conformista, sprezzante del buonsenso e dei canoni della morale borghese.
La vita per Wilde, si configura infatti come un’opera d’arte ben riuscita. Wilde opta quindi per il rovesciamento del principio secondo cui è l’arte che imita la vita, trasformandolo nel presupposto per il quale è la vita ad imitare l’arte. La vita è pertanto prodotto e risultato dell’arte. Di qui l’importanza attribuita all’apparenza e al dominio dei sensi, che perviene quindi all’estetismo (dal greco, ‘percepire con i sensi’), atteggiamento tipicamente wildiano (ma anche dannunziano) e caratterizzato dalla concezione di un arte fondamentalmente fine a sé stessa (art for art’s sake).
Un’esperienza, quella estetica, che non sempre si rivela giusta e retta. La visione della vita come arte implica infatti da un lato la ricerca del piacere, ovvero l’edonismo, dall’altro uno stile di vita disinibito e dissoluto che porta allo sfacelo morale e, nel caso di Dorian Gray, al crimine.
La storia di Dorian è la storia di un ragazzo particolarmente bello, il quale, proprio in virtù del suo straordinario fascino, viene dipinto in un quadro dal pittore Basil. Dorian viene però anche plagiato e iniziato al culto della bellezza dall’esteta Lord Henry, il quale gli spalanca contemporaneamente le porte del Male, ribadendogli più volte: «La vita ha in serbo tutto per voi. Non c’è nulla che voi non possiate ottenere, con la vostra straordinaria bellezza.» Mentre Dorian contempla la sua bellezza fedelmente raffigurata nel quadro esprime, quasi innocentemente il desiderio che il dipinto possa portare al suo posto i segni del passare del tempo, in modo che la sua bellezza originaria si possa mantenere per sempre intatta e inalterata. Il ‘patto col diavolo’ però si realizza e, mentre il quadro porta i segni dell’età che avanza, l’anima di Dorian porta quelli della progressiva decadenza morale, alla quale l’eccessiva dedizione al culto del bello (ma anche la lettura del romanzo À rebours di Huysmans) lo ha condotto. Scrive Wilde nel romanzo: «Niente ti rende così vanitoso come sentirti dare del peccatore»; e ancora: «Il peccato è una cosa che si legge nel volto di un uomo. Il peccato non si può nascondere.»
Wilde descrive in queste righe la decisione di Dorian di coprire una volta per tutte il quadro, orrenda testimonianza della dissolutezza e della bruttezza morale del suo soggetto.
«[...] uno splendido tessuto del tardi settecento veneziano [...] poteva servire ad avvolgere quell’orrore [il quadro]. Ora avrebbe coperto una cosa che aveva una putredine propria, più decomposta di un cadavere – che avrebbe nutrito orrori, e non sarebbe mai morta. Quello che i vermi sono per il cadavere, i suoi peccati sarebbero stati per l’immagine dipinta sulla tela. Avrebbero invaso la sua bellezza, e ne avrebbero divorato la grazia. L’avrebbero deturpata, e resa ripugnante. Tuttavia la materia avrebbe continuato a vivere. Sarebbe vissuta in eterno.»
E una donna, vittima dei comportamenti licenziosi di Dorian dirà:
«Di tutti quelli che vengono qui è il peggiore. Dicono che si è venduto al diavolo per serbare un viso intatto. Son quasi diciott’anni che lo conosco. Lui non è molto cambiato da allora. Ma io sì” aggiunse, con una smorfia disgustosa.» «Me lo giuri?» «Lo giuro» disse la bocca sciupata, come un'eco rauca. «Ma non tradirmi» piagnucolò. «Ho paura di lui.»
Dorian è completamente dedito ad un culto estetico che si traduce in uno stile di vita vizioso e depravato, e che lo porta a compiere nequizie d’ogni genere, culminanti nell’omicidio di quello che Dorian ritiene essere il colpevole della sua depravazione, ovvero l’artefice del dipinto, Basil. Non sopportando più di scorgere nel quadro, da anni segretamente riposto in soffitta, il ghigno maligno della sua dissoluzione decide di disfarsi anche di esso ma, quando pugnala la tela, cade a terra morto. Distruggendo il quadro Dorian pone fine all’altra parte inseparabile di sé, e quindi anche alla sua stessa vita, ricongiungendosi infine con la sua anima abietta e maligna.Riguardo al romanzo Wilde avrà occasione di dire, in una lettera del 1894: “Basil è ciò che penso di essere. Henry è ciò che il mondo pensa di me. Dorian è ciò che io vorrei essere”. Ed è proprio in queste poche righe che si cela il quanto mai misterioso messaggio di Wilde, secondo cui, in definitiva, il solo personaggio del romanzo non è altro che lui stesso.
Gli afforismi di Lord Wotton
Come tutte le opere di Wilde, anche Il ritratto di Dorian Gray è infarcito di sentenze, che in questo caso vengono emesse quasi esclusivamente da Lord Wotton, che ha un gusto particolare per la creazione di aforismi o pseudoaforismi. Molti di questi sono quelli che perderanno l'innocente Dorian.
Quelli di Wilde non sono veri e propri aforismi, nel senso che in genere non sono autonomi, non possono essere estrapolati dal loro contesto. Molte sentenze di Lord Wotton sono semplicemente frasi ad effetto o frasi che condensano luoghi comuni, di nessun interesse. Molti sono poi gli aforismi che mirano solo a colpire il lettore ma non hanno né vogliono avere alcun valore di verità, tanto che possono essere facilmente rovesciati (anche perché molti derivano dal rovesciamento di luoghi comuni): sono quelli che Eco chiama i paradossi cancrizzabili. Wilde li mette in bocca a Lord Wotton perché sono parte del suo ruolo di uomo fatuo, che mira solo a colpire le altre persone senza alcun riguardo per una morale (che è poi la visione distorta ed estremizzata che la gente ha di Wilde stesso). Lord Henry pronuncia anche molti paradossi autentici cioè non rovesciabili: resta in ogni caso discutibile classificarli come aforismi, proprio perché non sono in genere massime autonome e soprattutto perché l'autore le formula senza alcuna pretesa che siano vere. Non si percepisce assolutamente nel libro una condanna morale da parte di Wilde verso Dorian, anzi si evince profonda simpatia per lui che, in fondo, è più vittima che carnefice.
Perssonaggi
Dorian Gray, giovane bello e innocente all'inizio del racconto ma poi, dopo aver desiderato di non invecchiare mai diventa una persona crudele. Lord Henry Wotton gli fa aprire gli occhi sulla sua bellezza e allora Dorian desidera di restare giovane in eterno. Ogni volta che compie un'azione scorretta, non sarà lui a mutare ma il suo ritratto. Quando Dorian si rende ormai conto che è divenuto una persona orribile (interiormente) decide di disfarsi del suo "vecchio ritratto", ma poiché esso è la sua anima, quando impugna il coltello per distruggerlo,egli colpisce se stesso al cuore.
Lord Henry Wotton, suo amico ed in qualche modo il diavolo tentatore. È lui che rende Dorian Gray una persona spietata, tutto ciò accade soltanto perché lo fa accorgere di tutto ciò che potrebbe fare tramite il suo aspetto rassicurante ed innocente.
Basil Hallward, pittore amico di Dorian che lo ha reso un pittore di alto livello grazie alla sua presenza influente. Ha degli stimoli omosessuali verso il ragazzo dal nome Dorian, ma l'unica cosa che riesce ad ottenere è una coltellata nella nuca, quando Basil prega Dorian di ravvedersi per il male compiuto.
Alan Campbell, chimico legato a Dorian che si è in qualche modo sacrificato per lui.
Sibyl Vane, la ragazza di cui Dorian si innamora e con la quale non riesce neppure a stabilire un contatto fisico
James Vane, il fratello di Sibyl, che dopo la morte della sorella tenta di uccidere Dorian Gray.
Oscar Wilde in una lettera ad un suo amico (Robert Ross)dice: Basil Hallward è quello che credo di essere, Henry Wotton è come il mondo mi dipinge e Dorian Gray è quello che mi piacerebbe essere.
Altre opere ispirate al romanzo
Nel romanzo Dorian, del 2004, Will Self rielabora in chiave moderna ed omosessuale il mito di Dorian Gray, calandolo nella Londra degli anni ottanta.
Nel 2002 è stato realizzato un musical basato sul romanzo di Wilde da Tato Russo in collaborazione con Mario Ciervo; al 2006, il musical ha realizzato 4 anni di repliche.
Note
Sugli aforismi in generale e in particolare sugli aforismi di Wilde, si veda Umberto Eco, Wilde. Paradosso e aforisma, in Sulla letteratura, Bompiani, Milano 2002. Per qualche esempio, consultare l'elenco di aforismi collegato.
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Il giudizio universale (Film)

Il giudizio universale è un film del 1961 diretto da Vittorio De Sica, con soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini e caratterizzato da una pletora di attori "di grido", assolutamente voluti dal produttore Dino De Laurentiis, molto probabilmente contro la volontà del regista, che amava piuttosto lavorare con attori agli esordi o addirittura, come si diceva allora, "presi dalla strada".
In pochi film dell'intera storia del cinema italiano è capitato che lavorassero insieme attori del calibro di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Paolo Stoppa, Fernandel (il Don Camillo della celeberrima serie cinematografica), Renato Rascel, Silvana Mangano, Anouk Aimee, Jack Palance, Ernest Borgnine, Lino Ventura, per citarne solo una buona parte, più i veloci camei di Domenico Modugno e Mike Bongiorno nella parte di sé stessi.
Ciò nonostante, il film riuscì ad essere insieme un insuccesso clamoroso di pubblico e massacrato dalla critica.
Inquadramento generale del film
Si tratta di un tentativo da parte di De Sica e Zavattini di ritornare all'ispirazione surreale più che neorealistica di Miracolo a Milano, ma appunto le scelte di grandeur di De Laurentiis fecero sì che in un film su Napoli gli attori napoletani fossero virtualmente assenti] e che parecchi interpreti passassero attraverso le riprese senza ben capire cosa De Sica volesse da loro.
Le uniche eccezioni sono Sordi che tratteggia con gelida perfidia uno dei personaggi più atroci di tutta la sua carriera, e Stoppa, misuratissimo quanto efficace nella parte del marito che scopre per caso il tradimento della moglie. Eccellenti i caratteristi di sfondo, questi sì quasi tutti napoletani, tanto da lasciare il dubbio a parecchi critici che la stessa sceneggiatura depurata dal faraonico cast internazionale avrebbe prodotto ben altri esiti artistici.
La trama
Lo spunto è semplice quanto potenzialmente geniale: al mattino di una normale giornata di una Napoli che comincia a sentire i complessi e non sempre positivi effetti del boom economico, una stentorea voce che sembra arrivare dall'alto dei cieli annuncia che Alle 18 comincia il Giudizio Universale.
L'annuncio si ripete con sempre maggiore insistenza, dapprima trattato con sufficienza e poi sempre più terrorizzante. La trama si frammenta in una serie di scenari e storie intrecciate fra loro: la preparazione del gran ballo del Duca a cui tutta Napoli è invitata, la lotta per procurarsi vestiti all'altezza nei rioni più poveri, ricchi annoiati che si corteggiano, un marito che scopre casualmente la moglie con l'amante, un povero cristo che sbarca il lunario vendendo bambini in America, un giovanotto della buona società fatto oggetto di sberleffi dal popolino feroce, l'improbabile difesa di un maneggione da parte di un verboso avvocato (lo stesso De Sica), e l'impatto sempre più scardinante della voce misteriosa su questa varia umanità. Chi si pente troppo tardi, chi si dà alla pazza gioia, chi ostenta una falsa indifferenza.
All'orario annunciato, la città viene sferzata da un tremendo diluvio (che la voce misteriosa sia già passata alla fase delle sanzioni?) dopo di che, con grande solennità, il Giudizio comincia per concludersi però altrettanto misteriosamente di quanto si è annunciato. Tornato il sole, la gente si precipita al ballo del Duca e ben presto tutto viene dimenticato, al suono di una ironica Ninna nanna.
Valutazione critica
Il film è una chicca per molti cinefili ma, appunto, tale dev'essere considerato. Almeno una dozzina di grandi talenti cinematografici sono ammassati, e diretti da De Sica con indubbia maestria ma anche con problemi di gestione insormontabili. Numerosi i bozzetti ben riusciti, da quelli esilaranti a quelli commoventi a quelli sferzanti, ma con una metafora calcistica si potrebbe dire che manca il gioco di squadra.
Il finale, veramente debole e un po' moralistico dopo un climax tanto ben condotto, penalizza ulteriormente il film.
Note ^ Gaetano Fusco, Le mani sullo schermo. Il cinema secondo Achille Lauro, Napoli, Liguori, 2006, p.71.
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Il fantasma di Canterville (Libro)

Il fantasma di Canterville (The Canterville Ghost, 1887) è un celebre racconto umoristico giovanile di Oscar Wilde. Pubblicato per la prima volta sulla rivista Court and Society Review, il racconto ebbe un enorme successo e alcuni elementi della storia sono entrati nell'immaginario popolare. Ne sono stati realizzati numerosissimi adattamenti per il cinema, la televisione e il teatro. È una parodia delle storie di fantasmi.
Il fantasma di Canterville è una parodia delle storie di fantasmi del folklore scozzese. Un ambasciatore americano (Hiram B. Otis) si trasferisce in Inghilterra insieme alla famiglia, andando ad abitare in un castello. Questo risulta abitato dal fantasma di un certo Sir Simon de Canterville, antico proprietario e uxoricida. L'effetto comico si sviluppa dall'atteggiamento scettico e pragmatico degli Otis, che porta al fallimento di tutti i tentativi del fantasma di terrorizzare la famiglia, in modo che si decidano ad abbandonare la casa. Alla fine, però, Virginia, la figlia del signor Otis, cerca di instaurare un rapporto con lo spettro, e ci riesce; pregando per la salvezza della sua anima, gli fa ottenere il perdono Divino. Ma Wilde riserva ancora una sorpresa nel finale, mostrando una Virginia ormai donna e sposata che ritorna sulla tomba del fantasma a ripensare alla sua avventura con indosso gli antichi gioielli dei Canterville ora appartenenti agli Otis.Il racconto originale è una delle opere giovanili di Wilde, pubblicato a puntate dalla rivista Court and Society Review nel 1887.
Sono in seguito stati proposti numerosi adattamenti della storia, tra cui:
The Canterville Ghost (1944) Film interpretato da Charles Laughton ambientato nel tempo di guerra e con una trama notevolmente rimaneggiata.
The Canterville Ghost (opera, 1966) Opera teatrale del compositore russo Alexander Knayfel’
Il fantasma di Canterville (opera, 2000) Opera teatrale del compositore italiano Claudio Scannavini
Adattamento televisivo del 1974 con David Niven nella parte del fantasma.
The Canterville Ghost (1985) Film TV interpretato da Richard Kiley.
Adattamento televisivo del 1986 interpretato da Alyssa Milano e Sir John Gielgud
Adattamento televisivo del 1996 interpretato da Patrick Stewart, Neve Campbell and Cherie Lunghi .
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Alcune persone mi domanda: Chi é Alessandro Safina?

Quindi gli rispondo:
Alessandro Safina (Siena, 14 ottobre 1968) è un tenore italiano di genere operatic pop (musica leggera e repertorio lirico).
In Italia si è fatto conoscere nel 2002 grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo con la canzone Del perduto amore.
Nel 2006 ha partecipato alla terza edizione di Music Farm.
È sposato con la ballerina e showgirl Lorenza Mario
Discografia
Alessandro Safina (2001)
Junto a ti (2001)
Musica di te (2003)
Insieme a te (2002)
Safina (2004)
Sognami (2007)
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Ultimo tango a Parigi (Film)

Ultimo tango a Parigi è un film del 1972 del regista italiano Bernardo Bertolucci, interpretato da Marlon Brando, Maria Schneider e Jean-Pierre Léaud.
La sceneggiatura fu scritta da Bernardo Bertolucci, Franco Arcalli e Agnès Varda (dialoghi aggiuntivi), e adattata da Robert Alley. La fotografia è di Vittorio Storaro. Le musiche jazz del film furono composte da Gato Barbieri. Varda basò la scena finale sulla morte di Jim Morrison.
Il film affronta la deriva esistenziale di un uomo di mezza età, Paul, che dopo il suicidio della moglie sembra avere smarrito ogni ragione per vivere.
L'incontro con Jeanne a Parigi, in un appartamento in affitto che i due casualmente si trovano a visitare insieme, fa scattare l'attrazione e la passione: da un rapporto consumato in una casa vuota da due individui che ignorano del partner persino il nome, nasce una storia d'amore struggente.
Questa idealità e tutto il suo simbolismo va in pezzi sotto i colpi della vita reale, quando fuori dall'appartamento i due cercano di conoscersi nel mondo e nel quotidiano.
Il film causò in Italia un forte scandalo, per le numerose esplicite scene di sesso e in particolare per una scena di sodomia nella quale è utilizzato del burro.
Il film fu proiettato integralmente, in anteprima mondiale, il 14 ottobre 1972 a New York, e fu subito chiaro che l'opera avrebbe scatenato infinite discussioni. In Italia uscì nelle sale il 15 dicembre 1972, un giorno dopo l'anteprima europea; la settimana seguente il film fu sequestrato per "esasperato pansessualismo fine a sé stesso". In seguito a questa e ad altre denunce, cominciò un iter giudiziario che portò il 29 gennaio 1976 alla sentenza della Cassazione che condannò la pellicola al rogo. Furono salvate alcune copie che oggi sono conservate presso la Cineteca Nazionale.
Per il regista ci fu una sentenza definitiva per offesa al comune senso del pudore, reato per il quale venne privato dei diritti civili per cinque anni (fra cui quello di voto) e fu condannato a quattro mesi di detenzione (pena poi sospesa).
A distanza di quindici anni, nel 1987, la censura riabilitò il film, permettendone la distribuzione nelle sale (Bertolucci stesso ne aveva conservato clandestinamente una copia). L'opera ottenne un vasto consenso di pubblico, che giudicò il film godibile nonostante la drammaticità, e soprattutto non datato.
Puntualmente, come per altre pellicole di successo, arrivò la parodia di Franco Franchi con Ultimo tango a Zagarolo (1973).
Il film è citato nella canzone "La regina dell'ultimo tango" di Gianni Morandi. La vicenda del film è riproposta nella canzone "Vivi" di Claudio Baglioni.
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La stanza del figlio (Film)

La stanza del figlio è un film del 2001 diretto da Nanni Moretti.
É la storia di una tranquilla famiglia italiana improvvisamente colpita dalla morte del figlio Andrea durante un'immersione subacquea con gli amici. La famiglia, composta "simmetricamente" da due uomini, il padre e il figlio, e due donne, la madre e la figlia, vive i propri percorsi sostenuti dalla complicità reciproca. Il padre, interpretato da Nanni Moretti, è uno psicanalista ironico e sportivo. Il suo rapporto con i pazienti prima della morte del figlio è improntato alla massima disponibilità, anche se si nota un filo di distacco e di passività. La madre, interpretata da Laura Morante, lavora anche lei, ed ha un rapporto di complicità e dialogo sia col marito che con i figli. La figlia è interpretata da Jasmine Trinca, il cui personaggio emergerà in maniera direttamente proporzionale all'acuirsi della tensione ed alla "destrutturazione" dei legami familiari. Il figlio, infine, è un personaggio quasi totalmente presente in absentia ed è lo snodo attraverso il quale, dopo la sua scomparsa, emergerà la soggettività dei componenti della famiglia, di là dai loro ruoli, appunto, familiari. La reazione al dolore dei vari componenti della famiglia, infatti, determinerà l'emergere di soggettività più forti e sofferenti, ma più delineate. In particolare, l'emergere di una ragazza che aveva avuto una breve relazione con il figlio, e che irrompe con tanto di attuale fidanzato nella vita ormai dolorosa e devastata della famiglia, determina un allargamento della prospettiva di tutti i personaggi, con l'imprevisto viaggio verso la Francia, ed un tentativo non più simmetrico di ricostruzione dei rapporti.
Una funzione narrativa complementare, quasi da coro, la svolgono i pazienti del padre-analista, interpretati da diversi attori, fra i quali Silvio Orlando e Stefano Accorsi, che costituiscono una cartina al tornasole dell'equilibrio emotivo e psicologico del padre.
Una particolare notazione alla location del film, la città di Ancona, che con la sua geografia schiacciata, fatta di saliscendi compressi fra il mare e la montagna, dà assieme l'idea di uno spazio chiuso, compresso e pronto allo stesso tempo a slanciarsi, come nel liberatorio viaggio finale.
La poesia letta da Moretti è Le dita del piede pubblicata nel volume Il nuovo sentiero per la cascata di Raymond Carver.
Le canzoni del film
Insieme a te non ci sto più (nella scena in auto con i due figli) scritta da Paolo Conte e cantata da Caterina Caselli (utilizzata da Nanni Moretti anche in un altro suo film, Bianca del 1983).
By this river, di Brian Eno (nel negozio di dischi e alla fine del film).
"Siamo gli eroi" (nella scena in cui Nanni Moretti va sulla giostra al luna park) scritta da A. Rizzo e R. Righini e cantata da Paola Turci.
Premi
Al Festival di Cannes del 2001 ha vinto la palma d'oro e il premio FIPRESCI (con la seguente motivazione: "for its depiction of a united family's destruction following the death of a child / Pour la description de la destruction d'une famille unie après la mort d'un enfant").
Ai David di donatello 2001 ha avuto dodici nomination e ha vinto tre premi (miglior film, migliore attrice protagonista, migliore musicista).
Ai Nastro d'Argento 2001 ha ottenuto otto nomination e Nanni Moretti ha vinto come regista del miglior film.
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miércoles, 13 de agosto de 2008

Amedeo Modigliani (Pittore)

Amedeo Clemente Paul Marino Francisco Franco Robertinho Simone Paolo Maria Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884Parigi, 24 gennaio 1920) è stato un pittore e scultore italiano, noto con lo pseudonimo di Dedo e celebre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e da colli affusolati. Morì all'età di trentacinque anni. È sepolto nel cimitero parigino Père Lachaise.
Biografia
Nato in Toscana da una famiglia ebraica - quarto figlio del livornese Flaminio Modigliani e di sua moglie, francese di nascita, Eugénie Garsin - crebbe nella povertà, dopo che l'impresa di mezzadria in Sardegna del padre andò in bancarotta.
Fu anche afflitto da problemi di salute, dopo un attacco di febbre tifoidea, avuto all'età di 14 anni, seguito dalla tubercolosi due anni dopo.
La famiglia di Modigliani soffriva di una storia di depressioni, che colpì anche lui, e almeno alcuni dei suoi fratelli sembrarono aver ereditato la sua stessa vena testarda e indipendente.
Nel 1898 il fratello maggiore ventiseienne, Giuseppe Emanuele, poi deputato del Partito Socialista Italiano venne condannato a sei mesi di carcere.
Di salute assai cagionevole (cadrà più volte malato di polmonite, che infine si convertirà in tubercolosi), Modì sin da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti; e, durante un violento attacco della malattia, sarebbe riuscito a strappare alla madre la promessa di poter andare a lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno dei pittori più in vista di Livorno, da cui apprenderà le prime nozioni pittoriche, e dove conoscerà, nel 1898, il grande Giovanni Fattori.
Nel 1902, Amedeo Modigliani si iscrisse alla Scuola libera di Nudo di Firenze, e un anno dopo si spostò a Venezia, dove frequentò l'Istituto per le Belle Arti di Venezia.
È a Venezia che Amedeo provò per la prima volta l'hashish e, piuttosto che studiare, iniziò a a passare il tempo frequentando i quartieri più infimi della città.
Nel 1906, Modigliani si sposta a Parigi, che all'epoca era il punto focale dell'avant-garde, dove sarebbe diventato l'epitome dell'artista tragico, creando una leggenda postuma, famosa quasi quanto quella di Vincent Van Gogh.
Sistematosi a Le Bateau-Lavoir, una comune per artisti squattrinati di Montmartre, fu ben presto occupato dalla pittura, inizialmente influenzato dal lavoro di Henri de Toulouse-Lautrec, finché Paul Cézanne cambiò le sue idee.
Infine, Modigliani sviluppò un suo stile unico, l'originalità di un genio creativo, che era contemporaneo dei cubisti, ma non faceva parte di tale movimento.
Modigliani è famoso per il suo lavoro rapido: si dice completasse un ritratto in una o due sedute. Una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti.
Eppure, coloro che posarono per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come farsi spogliare l'anima.
Nel 1909, Modigliani fece ritorno alla sua città natale, Livorno, malaticcio e logorato dal suo stile di vita dissoluto.
Non restò in Italia a lungo, e fece presto ritorno a Parigi, questa volta affittando uno studio a Montparnasse.
Egli si era inizialmente pensato come scultore più che come pittore, e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d'arte, si interessò al suo lavoro e lo introdusse a Constantin Brancusi.
Suo più grande e fedele amico fu lo straordinario pittore Maurice Utrillo che visse gli stessi problemi di alcolismo che caratterizzarono la vita di Amedeo.
bilmente al Musée de l're evidente nel trattamento dei visi dei suoi modelli.
Questi appaiono antichi, quasi egizi, piatti e che ricordano una maschera, con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti, e colli allungati.
Anche se una serie di sculture di Modigliani venne esposta al Salone d'autunno del 1912, a causa delle polveri generate dalla scultura, la sua tubercolosi peggiorava; abbandonò quindi la scultura prima della pietra e poi anche del legno, e si concentrò unicamente sulla pittura.
Tra i suoi lavori si ricordano il ritratto del suo amico e forte bevitore Chaim Soutine, e i ritratti di molti dei suoi contemporanei che frequentavano Montparnasse, come Moise Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob, Blaise Cendrars, e Jean Cocteau.
Le donne di Modigliani
Quando beveva diventava una persona amara e arrabbiata, sempre in cerca della rissa, come venne dipinto nel famoso disegno di Marie Vassilieff.
Da sobrio, era graziosamente timido e affascinante, citava Dante Alighieri e recitava poesie dal libro di Lautréamont, Les Chants de Maldoror, di cui portava sempre con se una copia.
Quando la pittrice inglese Nina Hamnett arrivò a Montparnasse nel 1914, durante la prima sera che vi passò, al "café" c'era un uomo sorridente, al tavolino a fianco, che si presentò come "Modigliani, pittore ed ebreo". Divennero grandi amici.
La relazione con Jeanne
Nel 1916, Modigliani fece amicizia con il poeta e mercante d'arte polacco Leopold Zborovski, e con sua moglie Anna.
Modigliani li dipinse diverse volte, chiedendo solo 10 franchi a ritratto. L'estate seguente, la scultrice russa Chana Orloffa lo presentò a una bella studentessa diciottenne di nome Jeanne Hébuterne, che aveva posato per Foujita.
Jeanne proveniva da un retroterra borghese e conservatore e venne disconosciuta dalla sua famiglia, estremamente religiosa, a causa della sua relazione con il pittore, che ai loro occhi, non era nient'altro che un vizioso derelitto, e per giunta ebreo.
Nonostante la famiglia di lei, ben presto andarono a vivere assieme, e anche se Jeanne fu l'amore della sua vita, le loro scenate in pubblico divennero persino più famose delle esibizioni soliste di Modigliani ubriaco. Dopo la morte di Modigliani, Jeanne distrutta dal dolore si lasciò morire prima ancora che venisse al mondo il loro secondo figlio. Si racconta che in punto di morte Picasso pronunciò il nome...Modigliani.
I nudi
Il 3 dicembre 1917, la prima personale di Modigliani, si tenne alla Berthe Weill Gallery.
Il capo della polizia di Parigi rimase scandalizzato dai nudi di Modigliani e lo costrinse a chiudere la mostra a poche ore dalla sua apertura.
Quello stesso anno, Modigliani ricevette una lettera da una ex-amante, Simone Thirioux, una ragazza Franco-Canadese, che lo informò di aver dato alla luce un suo figlio.
Non riconobbe mai il figlio come suo, ma dopo essersi mosso a Nizza con la Hébuterne, questa rimase incinta, e il 29 novembre 1918, diede alla luce una bambina, che venne anch'essa battezzata Jeanne.
Mentre era a Nizza, un soggiorno organizzato da Leopold Zborovski per Modigliani, Tsuguharu Foujita e altri artisti, allo scopo di cercare di vendere i loro lavori ai ricchi turisti, Modigliani riuscì a vendere pochi quadri e solo per pochi franchi ciascuno.
Nonostante ciò, mentre era li produsse la gran parte dei dipinti che sarebbero infine diventati i suoi più popolari e di valore.
Durante la sua vita vendette numerose delle sue opere, ma mai per grosse somme di denaro.
I finanziamenti che riceveva, svanivano rapidamente in droghe e alcool.
Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi, dove, assieme a Jeanne e a loro figlia, affittò un appartamento in Rue de la Grande Chaumière.
Mentre vivevano li, sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l'uno dell'altro e di tutti e due assieme.
Anche se continuò a dipingere, per quel periodo il suo stile di vita era giunto a richiedere il conto, e la salute di Modigliani si stava deteriorando rapidamente.
I suoi "blackout" alcolici divennero sempre più frequenti.
Dopo che i suoi amici non ne ebbero notizia per diversi giorni, l'inquilino del piano sotto al suo controllò l'abitazione e trovò Modigliani delirante nel letto, mentre si aggrappava a Jeanne, che era quasi al nono mese di gravidanza. Venne convocato un dottore, ma c'era ormai poco da fare, poiché Modigliani soffriva di meningite tubercolotica.
Gli esperti
Gli esperti dell'epoca di Amedeo Modigliani, non sono mai stati messi in evidenza, ma in seguito alla sua scomparsa André Salmon, in seguito Arthur Pfannstiel e dopo Joseph Lanthemann, sono stati gli autori di una certa ricerca approfondita sulle opere del pittore livornese, ma sono tutti deceduti. Oltre ad aver realizzato importanti cataloghi hanno iniziato ad archiviare le sue opere per musei e collezionisti privati. Arthur Pfannstiel è anche colui che ha archiviato più opere, sin dal 1929 del pittore d'origine italiana, più di 400 contro le trecento circa del suo collega l'esperto contemporaneo milanese Osvaldo Pattani.
Un grande numero di fotografie, documenti originali in genere, e reperti bibliografici sono parte del patrimonio di circa 6000 documenti, del Modigliani Institut [1]. Christian Parisot, biografo dell'artista, è attualmente il solo abilitato a espertizzare legalmente le opere di Amedeo Modigliani e quelle della sua compagna Jeanne Hébuterne per volere degli eredi universali, Laure Modigliani e sua figlia Sarah. Il Comitato Modigliani è presieduto a titolo onorifico da Laure Modigliani, diretto da Christian Parisot, con Massimo Riposati vice presidente, Luciano Renzi amministratore e da un Comitato di garanti, tra cui Sylvie Buisson, Jean Marie Drot, Claudio Strinati, Gérard-Georges Lemaire, Franco Tagliapietra che si riunisce regolarmente per stabilire le eventuali opere da presentare in sede museale.
Per ottenere un Extrait des Archives Modigliani una perizia, occorre richiedere il formulario, al Modigliani Institut di Roma [2]
Dopo il delirio
Alla morte di Modigliani ci fu un grande funerale, cui parteciparono tutti i membri della comunità artistica di Montmartre e Montparnasse.
Jeanne Hébuterne, che era stata portata alla casa dei suoi genitori, si gettò da una finestra al quinto piano, un giorno dopo la morte di Amedeo, uccidendo con sé la creatura che portava in grembo.
Modigliani venne sepolto nel cimitero di Père Lachaise.
Jeanne Hébuterne venne seppellita al Cimetière de Bagneux, vicino a Parigi, e fu solo nel 1930 che la sua amareggiata famiglia concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle di Modigliani.
La loro figlia di soli 15 mesi, Jeanne, venne adottata dalla sorella di Modigliani a Firenze.
Da adulta, avrebbe scritto una importante biografia di suo padre, intitolata: Modigliani senza leggenda. Jeanne morì nel 1984 a Parigi, proprio nei giorni in cui si discuteva sull'autenticità delle tre teste, cadendo da una scala in circostanze alquanto misteriose (qualcuno sospettò che fosse stata spinta, ma l'autopsia non fu fatta e le indagini furono sbrigative).
Oggi, Modigliani è considerato come uno dei più grandi artisti del XX secolo, le sue opere sono esposte nei più grandi musei del mondo.
Le sue sculture raramente cambiano di mano e i pochi dipinti che vengono venduti dai proprietari, possono raccogliere anche più di 15 milioni di Euro.
Il suo "Nu couché" (Sur le côté gauche) venne venduto nel novembre del 2003 per 26.887.500 dollari.
Il ritrovamento delle sculture di Modigliani
In occasione di una mostra promossa nel 1984 dal Museo progressivo di arte moderna di Livorno per il centenario della nascita e dedicata alle sue sculture, su pressione dei fratelli Vera e Dario Durbè si decise di verificare se la leggenda popolare locale, secondo la quale l'artista avrebbe gettato nel Fosso Reale delle sue sculture fosse vera. Secondo la leggenda infatti nel 1909 Modigliani tornò temporaneamente a Livorno decidendo di scolpire alcune sculture che mostrerà poi ad alcuni amici i quali lo avrebbero deriso consigliandogli di gettarle nel Fosso. Dragando il canale vennero ritrovate tre sculture rappresentanti tre teste, che molti critici tra cui Giulio Carlo Argan si affrettarono ad attribuire a Modigliani[3]. In questo episodio sembra inserirsi anche la morte di Jeanne Modigliani in circostanze mai chiarite, la quale era in procinto di partire per Livorno a causa del ritrovamento delle tre teste.
Dopo alcuni giorni un gruppo di tre studenti universitari livornesi (Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Ghelarducci) dichiararono che in realtà una delle sculture (la cosiddetta testa numero 2) era opera loro, realizzata per burla con banali attrezzi da muratore e gettata nottetempo nel Fosso Reale. Essi mostrarono anche una fotografia che li ritraeva con la scultura. I tre furono invitati a creare in diretta tv un nuovo falso, durante uno Speciale TG1, al fine di dimostrare coi fatti la loro capacità di realizzare una simile opera, in "così poco tempo" (come riteneva invece impossibile Vera Durbè, la quale fino alla morte si riterrà convinta, almeno apparentemente, dell'originalità delle tre teste).Successivamente, anche a seguito dell'invito rivolto in televisione da Federico Zeri, anche l'autore delle altre due teste uscì dall'anonimato; si trattava di Angelo Froglia (Livorno 1955-1997), un pittore livornese lavoratore portuale per necessità, già noto alle autorità per alcuni piccoli precedenti per il consumo di stupefacenti, il quale dichiarò che la sua non voleva essere una burla, ma che si trattava di un'"operazione estetico-artistica" per verificare "fino a che punto la gente, i critici, i mass-media creano dei miti". Ad avvalorare la posizione del Froglia vi era un suo filmato del mentre scolpiva le tre teste. Froglia mentre scolpiva le pietre realizzò anche il film "Paito e Apate... della persuasione e dell'inganno (Cerchez Modi)", che suscitò l'interesse della critica al Torino Film Festival del 1984. Il Froglia successivamente dichiarerà di esser stato incaricato da terzi dell'esecuzione dei tre falsi.
Le ultime tre sculture ritrovate
Sette anni dopo un certo Carboni di Livorno asserì di possedere tre autentiche sculture di Modigliani. Egli le aveva custodite nella autocarrozzeria senza darvi importanza, dicendo di averle recuperate dalla casa dello zio durante la Seconda Guerra Mondiale. La ricostruzione questa volta sembra possedere elementi di verità in quanto Modigliani aveva affittato una casa nelle vicinanze della casa dello zio del Carboni detto "solicchio" rappresentato probabilmente da Modigliani in un suo dipinto [4]. Inoltre amici del "solicchio" ricordano quelle sculture viste a casa e lasciate da un pittore partito per Parigi, che sarebbe diventato successivamente famoso. Modigliani infatti aveva l'abitudine di lasciare le opere più pesanti presso amici.
Il Carboni decise di mostrare le sculture ad esperti grazie all'interessamento di un certo Saracino che notò le opere. I primi atti verso l'autentificazione delle tre opere furono la richiesta di esportazione di queste e la denuncia per truffa contro Vera Durbè, la quale continuava a ritenere le tre teste degli studenti Livornesi degli originali. Di fatti per la legislazione Italiana solo opere che non abbiano valore artistico sono autorizzate a lasciare il paese. Questa richiesta inizialmente suscitarono l'imbarazzo delle autorità Toscane, le quali, visti i precedenti, non ebbero affatto il coraggio di certificarne l'autenticità, rimettendo la decisione alle Istituzioni. La perizia fu dunque effettuata da una funzionaria del Museo d'arte moderna di Roma. Questa dichiarò le opere dei falsi, portando di conseguenza le autorità ad aprire un inchiesta contro il Carboni e il Saracino, per falsificazione. Le tre teste furono poste sotto sequestro. Una di queste andrà persa per sempre. Il Saracino, il Carboni, e il critico d'arte al quale s'erano affidati, furono però prosciolti, in quanto come dichiarato dal giudice non era possibile attraverso quel processo verificare l'autenticità, o il contrario delle opere. Inoltre ad avvalorare la buona fede dei tre imputati fu il fatto che questi si fossero rivolti direttamente alle autorità competenti. Fra le tesi che screditarono la perizia effettuata dal Museo d'Arte Moderna di Roma, vi è quella secondo cui questa venne fatta confrontando le tre teste in questione con delle opere attribuite si a Modigliani, ma verso le quali numerosi critici d'arte nutrivano seri dubbi circa l'autenticità. Queste opere, dal valore potenzialmente inestimabile, saranno molto probabilmente vendute all'estero, dopo che queste sono state divise fra i discendenti dei tre imputati.
Le sculture
(Sono conosciute solo 27 sculture di Modigliani.)
Testa di donna - (1910-1911)
Testa - (1911-1913)
Testa - (1911-1912)
Testa - (1912)
Rosa Cariatide - (1914)
I dipinti
Modigliani e i falsi: un tema che ha sempre affascinato gli studiosi d'arte e gli appassionati di leggende metropolitane. Nell'immagine una riproduzione adolescenziale di un celebre dipinto dell'artista: Man With a Wine Glass
The Jewess (1908)
Nude with a hat (1908)
The Cellist (1909)
L'amazzone (1909)
Nudo - Cariatide (1913)
Rosa Cariatide con bordo blu ( 1913)
Ritratto di Diego Rivera (1914)
The Pretty Housewife (1915)
Ritratto di Juan Gris (1915)
Madam Pompadour (Ritratto di Beatrice Hastings) (1915)
Man With a Glass Wine
Nudo seduto o Ritratto di Beatrice Hastings (1916)
Jacques Lipchitz e sua moglie Bertha (1916)
Ritratto di Max Jacob (1916)
Nudo sdraiato con le braccia dietro la testa (1916)
Nu couché de dos (Reclining Nude from the Back) (1917)
Nudo su un cuscino blu (1917)
Ritratto di Elena Pavlowski (1917)
Ritratto di Chaim Soutine (1917)
Nudo (1917)
Nudo sdraiato (1917-1918)
Il contadinello (1918)
Nudo su un divano (1918)
Ritratto di Leopold Zborovski (1918)
Young Redhead in an Evening Dress (1918)
Ritratto di Blaise Cendrars (1918)
Jeanne Hébuterne Seated in Profile (1918)
Busto di giovane donna con colletto alla marinara (1918)
Ragazzo con giacca azzurra appoggiato a un tavolo (1918-19)
Jeanne Hébuterne in maglione giallo (1919 circa)
Boy with blue waistcoat (1919)
Cypress Trees and Houses (1919)
The Little Peasant (1919)
Autoritratto (1919) .
Musei
Elenco dei musei che espongono opere dell'artista:
Barnes Foundation di Philadelphia
Civico Museo d'Arte Contemporanea di Milano
Collezione Bührle di Zurigo
Collezione Rosini Gutman, Riccione RN, Italia
Galleria nazionale d'arte moderna, Roma
Modigliani Institut Archives Légales Paris-Rome, Italia, Francia
Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris
Musée de l'Orangerie, Parigi
Musée des Beaux Arts, Rouen
Museo civico Giovanni Fattori, Livorno
Museum Folkwang di Essen
Museum of Art di Indianapolis
National Gallery di Washington
Pinacoteca di Brera
Tate Gallery
Kunstmuseum di Berna
Curiosità
Alla figura di Modigliani è dedicato il film Les Amants de Montparnasse e I colori dell'anima - Modigliani di Mick Davis USA-Francia-Germania-Italia, 2004
1919. La Grande Guerra si è conclusa e la vita notturna di Parigi è piena di passioni oscure ed ossessioni incontrollabili. Al Café Rotonde, rifugio di una cerchia di artisti, c'è un tavolo come non si è mai visto nella storia: Picasso, Rivera, Stein, Cocteau, Soutine, Utrillo e Modigliani. Si racconta per la prima volta l'aspra rivalità tra Picasso e Modigliani: due uomini invidiosi l'uno dell'altro e del loro talento, la loro arroganza e le loro passioni. Ma è anche il racconto della più grande tragedia amorosa della storia dell'arte. Jeanne Hebuterne era una bellissima ragazza cattolica che aveva una sola colpa: suo padre non l'aveva perdonata di essersi innamorata di un ebreo, Modigliani.
Vinicio Capossela gli ha dedicato una canzone ed un intero album titolato Modì. Il programma di approfondimento La storia siamo noi condotto da Gianni Minoli ha affrontato il tema dei falsi Modigliani nella puntata: Il mistero di Modì.
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Il Tango (Ballo)

Il tango è una forma d'arte che comprende musica e danza nata a Buenos Aires (Argentina). Il tango utilizza per le sue esecuzioni uno strumento, forse inventato o forse popolarizzato dal musicista tedesco Heinrich Band, il bandoneon, questa musica non utilizza strumenti a percussione.
Questo ballo é basato sull'improvvisazione, caratterizzato dalla sua eleganza e passionalità. Il passo base del tango è il normale passo di una camminata. Essendo un ballo di improvvisazione, in pista non esiste l'idea di sequenze di passi predefinite, e sta alla fantasia dei ballerini costruire come in un dialogo il proprio ballo.
La posizione di ballo è un abbraccio frontale con la sinistra cinge la schiena della propria ballerina e con la destra le tiene la mano, creando quindi una maggiore distanza tra l'uomo e la donna. Alle fine, : l'uomo guida, la donna segue.
Il luogo dove si balla il tango argentino è chiamato milonga. Il tango argentino è caratterizzato da tre ritmi musicali diversi ai quali corrispondono distinte tipologie di ballo:
· Il Tango,
· la Milonga e
· il Tango Vals, anche essiste
· Il tango salon, nato nel passato nei salotti dell'aristocrazia, è per una ricerca per l'eleganza e la spettacolarità del movimento.
Fra i cantanti e musici piu ricordati come Carlos Gardel, Astor Piazzolla, Francisco Canaro, Il tango argentino ha sempre continuato e le nuove generazioni poi sentire negli ultimi anni un genere conosciuto come tango electronico. Che ha permesso a quei gioveni conoscere la storia traverso il tango.
Canzoni famosi
Mi Buenos Aires querido (Gardel-Le Pera)
Mano a mano (Gardel-Flores-Razzano)
Caminito (Filiberto-Coria Peñalosa)
Yira... yira... (Santos-Discepolo)
La Cumparsita (Gerardo Matos Rodriguez)
Por una cabeza (Alfredo Le Pera-Carlos Gardel)
A media luz (Lenzi-Donato)
El dia que me quieras (Alfredo Le Pera-Carlos Gardel)
Volver (Alfredo Le Pera-Carlos Gardel)
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Sandro Boticelli (Pittore)

Sandro Botticelli nacque in Borgo Ognissanti, ultimo di quattro figli maschi e crebbe in una famiglia modesta ma non povera, mantenuta dal padre, Mariano di Vanni Filipepi, che faceva il conciatore di pelli ed aveva una sua bottega nel vicino quartiere di Santo Spirito.
Il fratello Antonio era un orefice di professione, per cui è molto probabile che l'artista abbia ricevuto una prima educazione presso la sua bottega, mentre sarebbe da scartare l'ipotesi di un suoi tirocinio avvenuto nella bottega di un amico del padre, un certo maestro Botticello, come riferisce il Vasari nelle Vite, dal momento che ancora oggi non esiste alcuna prova documentaria che confermi l'esistenza di questo artigiano attivo in città in quegli anni.
Il nomignolo pare invece che fosse stato inizialmente attribuito al fratello Giovanni, che di mestiere faceva il sensale e che nella portata al catasto del 1458 (la dichiarazione dei redditi dell'epoca), veniva chiamato vochato Botticello, poi esteso a tutti i membri maschi della famiglia e dunque adottato anche dal pittore.
Il suo vero e proprio apprendistato si svolse comunque nella bottega di Filippo Lippi dal 1464 al 1467 circa; risalgono infatti a questo periodo tutta una serie di Madonne che rivelano la diretta influenza del maestro sul giovane allievo. Sandro doveva essere rimasto molto impressionato dagli affreschi da lui eseguiti nel Duomo di Prato (1452-64), ma il suo vero punto di partenza fu la Madonna con il Bambino e due angeli (1465) conservata agli Uffizi, perché queste sue prime composizioni riprendono quasi fedelmente il modello proposto da Filippo.
La primissima opera attribuita a Botticelli è la Madonna col Bambino e un angelo (1465 ca.) dell'Ospedale degli Innocenti, in cui le somiglianze con la contemporanea tavola del Lippi sono davvero molto forti, anzi sembra una copia o un omaggio; la stessa cosa vale per la Madonna col Bambino e due angeli (1465 circa) oggi a Washington, con la sola variante dell'angelo aggiunto alle spalle del Bambino. Risultarono però determinanti nel progessivo processo di maturazione del suo linguaggio pittorico anche le influenze ricevute da Antonio del Pollaiuolo e Andrea del Verrocchio, del quale potrebbe aver frequentato la bottega dopo la partenza Filippo Lippi per Spoleto.
La componente verrocchiesca infatti appare chiaramente in un secondo gruppo di Madonne realizzate tra il 1468 e il 1469, come la Madonna col Bambino e angeli (1468 circa) al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli; i personaggi sono disposti prospetticamente davanti al limite frontale del dipinto, inteso come "finestra", mentre l'architettura sullo sfondo definisce la volumetria dello spazio ideale entro cui è inserita l'immagine. La composizione si sviluppa quindi per piani scalari, svolgendo una mediazione tra lo spazio teorico reso dal piano prospettico e quello reale costituito dai personaggi in primo piano.
L'accentuato linearismo, inteso come espressione di movimento risulta altrettanto evidente, così come le meditazioni sulla concezione matematica della pittura, di grande attualità in quegli anni, con gli studi di Piero della Francesca; la stessa soluzione venne riproposta in altre opere dello stesso periodo, con la sola variazione dei termini architettonici in naturalistici.
Madonna con Bambino e Angeli, 1468 ca., Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte
Tutte queste componenti confluirono nella sua prima commissione pubblica, che gli venne affidata nel 1470, anno in cui decise finalmente di aprire una sua bottega; si tratta di una spalliera allegorica, realizzata per il Tribunale della Mercanzia di Firenze raffigurante la Fortezza. Il pannello doveva inserirsi all'interno di un ciclo ordinato a Piero Pollaiolo che infatti eseguì sei delle sette Virtù previste nel 1469, ma a causa del mancato rispetto dei termini di consegna gli venne revocato l'incarico consentendo a Botticelli di subentrare al collega. Egli accolse lo schema presentato dal Pollaiolo nelle sue linee generali, ma impostò l'immagine in modo del tutto diverso; al posto dell'austero scranno marmoreo usato da Piero, dipinse un trono riccamente decorato e dalle forme fantastiche che costituiscono un preciso richiamo alle qualità morali inerenti all'esercizio della magistratura, in pratica un'allusione simbolica al "tesoro" che accompagnava il possesso di questa virtù.
L'architettura viva e reale si unisce alla figura di donna che vi è seduta sopra, solida, plastica, ma soprattutto di estrema bellezza; sarà proprio la continua ricerca della bellezza assoluta, al di là del tempo e dello spazio, che porterà Botticelli a staccarsi progressivamente dai modelli iniziali e ad elaborare uno stile sostanzialmente diverso da quello dei suoi contemporanei, che lo rende un caso praticamente unico nel panorama artistico fiorentino dell'epoca.
Botticelli scelse la grazia, cioè l'eleganza intellettuale e la squisita rappresentazione dei sentimenti ed è per questo che le sue opere più celebri saranno caratterizzate da un marcato linearismo ed un intenso lirismo, ma soprattutto l'ideale equilibrio tra il naturalismo e l'artificiosità delle forme.Prima di produrre quegli autentici capolavori della storia delle arti egli ebbe però modo di ampliare la sua esperienza con altri dipinti, che costituiscono il necessario passaggio intermedio tra le opere degli esordi e quelle della maturità.
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Primavera (Pittura)

La Primavera di Alessandro Filipepi detto il Bottinelli è un'opera realizzata a tempera su tavola di cm 203x314, di datazione incerta (fra il 1477 ed il 1490), destinata originariamente alla villa di Castello (probabile collocazione iniziale assieme alla La nascita di Venere), ed oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Tutta la critica non può che essere concorde sulla natura allegorica dell'opera impregnata di cultura umanistica e neoplatonica della corte di Lorenzo de' Medici detto il magnifico, nonostante il committente dell'opera fosse l'omonimo Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, che non era in buoni rapporti con il cugino più grande di circa 15 anni e che in passato gli aveva fatto anche da tutore.
Dibattuto è invece il significato e conseguentemente la titolazione. Se da una parte si ha una certa convergenza nella individuazione di alcuni dei nove personaggi in essa raffigurati, pareri assai contrastanti si sono sviluppati nel corso degli anni, ed in particolare a partire dalla seconda metà dell'800, sui riferimenti letterari più specifici ed i significati che l'opera nasconde. Secondo l'interpretazione che ne diedero Adolph Gaspary nel 1888, mutuate ed articolate da Aby Warburg cinque anni dopo le figure, partendo da sinistra sono:
Mercurio identificato dai calzari alati e dal caduceo rivolto verso il cielo;
le tre Grazie, figure mitologiche impegnate in una danza assai leggiadra;
Venere che fa da asse alla composizione;
Cupido che volando sul capo della figura centrale è impegnato a dardeggiare le tre fanciulle quasi nude e guarnite di acconciature elaborate e diverse;
Flora che unica del gruppo guarda direttamente l'osservatore e sembra intenta a spargere i suoi fiori all'esterno della scena;
la ninfa Cloris che i fiori primaverili li produce dalla bocca;
ed infine Zefiro dio del vento benigno (o secondo alcuni Boreao Eolo, dio di un vento freddo) raffigurato con colori freddi mentre cerca l'amore della ninfa.
L'aspetto allegorico-metaforico del dipinto non ne toglie, tuttavia, i riferimenti al mondo fisico: i visi dei personaggi sono non immaginari ma di persone esistenti all'epoca e note al pittore: ad esempio, la Grazia di destra è Caterina Sforza, che Botticelli ha ritratto anche come S. Caterina d'Alessandria (sempre di profilo), nel dipinto conservato al Lindenau-Museum di Altenburg (Germania). Quella centrale dovrebbe essere Semiramide Appiani, moglie di Lorenzo il Popolano, il quale a sua volta dovrebbe essere raffigurato come Mercurio, verso il quale guarda Semiramide.
L'ipotesi più accreditata riguardo alle tre fanciulle danzanti, che costoro rappresentino le tre Grazie: quella di sinistra, dalla capigliatura ribelle, la Voluttà (Voluptas), quella centrale, dallo sguardo malinconico e dall'atteggiamento introverso, la Castità (Castitas), quella di destra, con al collo una collana che sostiene un'elegante prezioso pendente e dal velo sottile che le copre i capelli, la Bellezza (Pulchritudo).
Ulteriore interpretazione meno fortunata del Gombrich suggerisce un riferimento al Giudizio di Paride tratto dall' Asino d'oro di Apuleio.
Claudia Villa (italianista contemporanea) è portata a considerare che i fiori, secondo una tradizione che ha origine in Duns Scoto, costituiscono l'ornamento del discorso ed identifica il personaggio centrale nella Filologia, per cui riferisce la scena alle Nozze di Mercurio e Filologia rovesciando anche le identità dei personaggi che stanno alla nostra destra. Così la figura dalla veste fiorita è da vedersi come la Retorica la figura che sembra entrare impetuosamente nella scena come Flora generatrice di poesia e di bel dire mentre il personaggio alato, che sembra sospingere più che attrarre a sé la fanciulla, sarebbe un genio ispiratore.
In tale contesto interpretativo diventa difficile giustificare i colori freddi con cui è rappresentato il personaggio, a meno che l'autore non volesse affidare a questa scelta la smaterializzazione ed il carattere spirituale dell'ispirazione poetica. Può risultare invece più comprensibile il disinteresse alla scena che sembra mostrare Mercurio dio dei Mercanti.
Altre interpretazioni identificano la figura della veste fiorita come Florentia nome antico della città di Firenze.
In questo caso, anche le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio Milano; Cupido (Amor) Roma; le Tre Grazie Pisa, Napoli e Genova; Cloris e Zefiro/Borea Venezia e Bolzano, oppure Arezzo e Forlì. Se poi Firenze fosse invece Venere, il personaggio dalla veste fiorita sarebbe invece Maggio e rappresenterebbe Mantova. Su questa linea è, ad esempio, Enrico Guidoni.
Studi assai interessanti sono stati fatti sui rapporti dimensionali delle parti della scena in riferimento a regole musicali.
Più intuitivamente si può notare come la composizione partecipa dello sfondo alberato, con un bosco ordinato e verticale a far da fondale (quasi piatto e severo) alla danza a girotondo, mentre la parte destra è fatta di alberi piegati dal vento o dalla forza creatrice.
Giulio Carlo Argan mette in evidenza come questa tavola si pone in contrasto con tutto lo sviluppo del pensiero artistico del Quattrocento che attraverso la prospettiva identifica l'arte con l'interpretazione razionale della realtà, culminante nella grandiosa costruzione teorica di Piero (della Francesca).
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Nascita di Venere (Pittura)

Il quadro della Nascita di Venere fu dipinto da Sandro Botticelli, come La Primavera e Pallade che doma il centauro, per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico per adornare la Villa di Castello, nella campagna fiorentina. Rappresenta una delle creazioni più elevate dell'estetica del pittore fiorentino.
Si tratta di una tempera su tela di 172x278 cm e si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze e risale al 1483-1485 circa.
La dea Venere, nuda su una conchiglia, sorge dalla spuma del mare e viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a Clori, la ninfa che simboleggia la fisicità dell'atto d'amore. Sulla riva della spiaggia di Cipro, l'isola cara a Venere, l'Ora della Primavera, una delle ninfe che presiedono al mutare delle stagioni, porge alla dea un manto ricamato di fiori per proteggerla.
Anche in questo quadro, il racconto mitologico mutuato da Ovidio, nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia vivificatrice, come forza motrice della natura.
Il disegno è armonico, delicato; le linee sono elegantissime e creano, nelle onde appena increspate, nel gonfiarsi delle vesti, nel fluire armonico dei capelli della dea e nello stesso profilo della spiaggia, dei giochi decorativi sinuosi e aggraziati. I colori sono chiari e puri, le forme nette, raffinatissime e trovano la loro sublimazione nel nudo statuario e pudico della dea.
La nudità di Venere è esaltazione della bellezza classicamente intesa e, al contempo, della purezza dell'anima.
Il soffio vitale offerto dai due amanti, Zefiro e Clori e la vestizione da parte della ninfa sono i due lati ideali di un triangolo al vertice del quale si pone Venere che diviene, quindi, l'elemento mediano dell'intera scena e ci ammonisce sulla necessità di equilibrio, nell'esperienza amorosa, tra passione fisica e purezza spirituale, tra esaltazione dei sensi e elevazione dell'essenza.
La bellezza delle figure di Botticelli travalica l'esperienza dei sensi e si può arrivare, forse, ad intuirla solo riconducendola nell'alveo dell'estetica del neoplatonismo ficiniano che tentava una conciliazione se non un'identificazione delle qualità morali e spirituali dell'uomo con la sua bellezza fisica.
Il Botticelli, influenzato da questa dottrina, ci presenta delle visioni intrise di senso plastico e sostanza fisica arrivando a sublimare la purezza formale senza tuttavia smaterializzarla. Per fare questo rende autonomi tutti gli elementi della composizione, esaspera la plasticità dei corpi e porta ai limiti estremi perfino la sensazione del movimento poiché, a ben guardare, sono le linee a muoversi, le figure sono ferme.
Questo apparente distacco dalla sfera dei sensi ma, al contempo, questa emozione intellettuale ci fanno comprendere alcune ragioni del fascino del suo stile.
Un'interpretazione più accurata dell'opera porta a credere che la figura femminile abbracciata a Zefiro sia Bora, altro importante vento che spira sull'isola di Cipro. Venere, qui rappresentata nel momento del suo arrivo sull'isola (Afrodite è spesso definita la Cipride) è nata dal pene di Urano che dopo l'evirazione da parte di Crono è caduto in mare fondendosi alla schiuma delle onde. È questa quindi una rappresentazione della Venere Uranea o Celeste, ragion pura e bellezza più alta nei sensi, in contrapposizione con la Venere terrena della Primavera . La Simbologia, come sempre nel Botticelli, assume un ruolo fondamentale nell'opera, fondendo i nuovi ideali cristiani con la grandiosità del mito classico. Non a caso quindi il manto offerto dall'Ora a Venere è rosa e decorato con fiori, simbolo del battesimo di Cristo, mentre il fiordaliso nella storia dell'arte è la rappresentazioni della "vergine regina dei cieli".
La presenza di rami di mirto è da ricondurre infine alla concezione di "Sacra Venere" di cui questo ne è simbolo.
Rispetto alla La Primavera la Nascita di Venere ha un difetto di profondità prospettica, con le figure che paiono costruite su una scena piatta, per questo i critici d'arte in genere pongono la Primavera come capolavoro dell'artista.
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